lunedì 30 dicembre 2019

Zambo's Place PLAYLIST 2019



 
Questa è semplicemente la mia playlist personale, una delle tante apparse in questo mese sui social. Nella lista che segue ci sono solo dischi comprati o avuti rimasterizzati per donazione, qualche regalo, molti dischi del 2019 non li ho ascoltati oppure li ho ascoltati  su Spotify che reputo comunque un modo per avere solo una idea generale del disco, senza quell'approfondimento che consente il supporto fisico. Mi duole non aver ascoltato Free di Iggy Pop e i Purple Mountains (su segnalazione dell'amico Lino Brunetti), spero di farlo al più presto. Buon Anno.

disco dell'anno

The Delines   The Imperial (El Cortez Records)

Ci sono voluti cinque anni per dare seguito al già ottimo Colfax causa un brutto incidente occorso alla cantante Amy Boone ma il gruppo che fa capo al cantante/chitarrista/romanziere Willy  Vlautin ha colpito nel segno. Ballate malinconiche espressione di un'America provinciale dove le storie si consumano nelle stanze di qualche desolato motel. Tristezza e candore, armonie languide che trafiggono il cuore con la loro semplicità, atmosfere rarefatte tra il folk, il rock ed il soul, più qualche spruzzata di country. The Delines riescono a trasformare la desolazione esistenziale in una gioia tranquilla e riflessiva. Grigio ma bellissimo.

classix nouveau

The Dream Syndicate     These Times (Anti)

Cambiare per rimanere se stessi. Pur non entrando in rotta di collisione con il riconosciuto stile dei Syndicate, These Times occhieggia ad un suono più futuristico e spaziale dove l'elettronica, comunque ben dosata e controllata, crea un immaginario proiettato oltre il crudo realismo rock urbano della loro storia.  Ci sono echi e suoni riverberati, distorti e atmosferici, ci sono le ballate elettriche che ti tolgono il fiato  e c'è un flusso inarrestabile di immagini e flash, versi e parole su tutto ciò di cui si parla e si pensa oggi, un'opera moderna su un mondo che sta rapidamente precipitando, cambiando in modo così celere e brusco. Un  sound meno chitarristico che in passato ma un sound che dice della volontà di Stevie Wynn e soci di essere nel presente, una poetica visionaria a contatto con lo stridore e la confusione di un mondo che ha davanti a se più nebbia che speranze. Magistrale.

 






 Steve  Gunn    The Unseen In Between  (Matador)

Chitarrista dalle doti straordinarie, anni di studio e sperimentazione, collaborazioni con Michael Chapman, Kurt Vile e Mike Copper, Steve Gunn è una splendida realtà del rock di oggi e come con il precedente Eyes On The Line realizza un album straordinario e affascinante dove ballate dall'andamento circolare e vagamente ipnotico trovano i sincronismi perfetti e le fantasie strumentali di un band che espande il folk-rock verso un suono cosmico e bucolico. Visioni da sogno, liriche profonde, mantrici raga e riverberi chitarristici, melodie vagabonde, country-blues lisergico ed una estrosità rara, The Unseen In Between è contemporaneamente fresco, cristallino e acido. Unico.

 

Gospel Book Revisited    Morning Songs Midnight Lullabies (GBR Records)
 

Presentati inizialmente come una blues band, i torinesi Gosple Book Revisited hanno saltato il fosso portandosi comunque appresso il proprio bagaglio originario. Con Morning Songs Midnight Lullabies hanno arricchito le dodici battute con una moltitudine di schizzi sonori, arrangiamenti e aperture strumentali, deviazioni di percorso tanto da togliere gli espliciti riferimenti alle sacre scritture in nome di un sound sfaccettato, composito, a volte caustico, a volte dolce e tranquillizzante. Nelle canzoni del mattino ci sono i graffi elettrici di Umberto Poli, l'urgenza espressiva, la schiuma di un down-home agro che strizza l'occhio ai North Mississippi Allstars, qualche distorsione di rock, nelle ninne nanne della mezzanotte c'è il candore della cantante Camilla Maina, le carezze di suoni acustici, qualche tocco etnico ed un pianoforte classico.  Due facce molto diverse ma legate da un desiderio innovativo che rende giustizia ad un blues made in Italy che non si accontenta dei classici.
 

 

Lankum    The Livelong Day (Rough Trade)

Come far suonare le gighe e i reel irlandesi da John Cale e i Velvet Underground. Arrivano da Dublino coi loro strumenti tradizionali ma i quattro sono più avventurosi di un esploratore dell'ottocento. Prendono il materiale tradizionale della loro terra, tra cui la popolarissima The Wild Rover, e nelle loro mani diventa un'ipnotica ed intensissima lamentazione corale di dieci minuti con un montante intrecciarsi di chitarra, viola ed harmonium che si trasforma in un bordone lancinante. I Lankum riescono a stare alla larga dai luoghi comuni allineando composizioni proprie, cover, tradizionali e ballate affogandole nella drone music con un atteggiamento eretico che unisce John Cale, i mantra ed il krautrock. Heavy-folk visionario, potente, dark, conturbante ed attraente.

 

 

Francesco  Piu       Crossing (Appaloosa)

Dissacrante e luminosa reinterpretazione di Robert Johnson, Francesco Piu porta il Delta blues in Sardegna e riveste il repertorio dell'uomo dei crossroads in modo del tutto anticonvenzionale  con musicisti e suoni della sua terra e con strumenti della più ampia tradizione mediterranea e africana. Il risultato è un disco magico e misterioso, pieno di fantasia, eppure moderno, dove il profondo amore per il blues dell'autore si salda con l'amore per la sua terra e per l'umanità nelle sue diversità. Echi ancestrali e trasfigurato country-blues, feedback elettrici e launeddas, sampler elettronici e fisarmoniche, il mondo agro-pastorale  a contatto di alchimie tribali, zufoli, bouzouki e Gibson, Crossing emana energia contagiosa, è coraggioso e audacemente innovativo. Un'altra testimonianza che non sempre siamo la periferia dell' Impero.

 

classic

 

Little Steven and the Disciples Of Soul   Summer of Sorcery (Universal)

Little Steven,  è lui oggi a tenere desto il ricordo di quell'Asbury Sound che tanto ha contribuito alle nostre gioie rock. Miami Steve Van Zandt oltre che musicista e produttore è un grande conoscitore di musica, in primis quella legata agli albori del rock come il garage, il soul psichedelico, il beat, la musica degli anni sessanta e tutte quei nuggets che hanno contribuito a porre le fondamenta di ciò che è venuto dopo. Se il precedente Soulfire  esplorava il lato più propriamente R&B con tanto di annessi e connessi in quello stile che lo stesso artista definiva soul horns meets rock n'roll guitars, per Summer of Sorcery  Little Steven va ancora più a ritroso spingendosi ai suoi anni di gioventù quando le canzoni facevano da colonna sonora dell'estate, quell' eccitante stagione in cui ventenne ti innamoravi per la prima volta della vita, quell' emozione unica che ti faceva sentire vivo. Al suono del rock n'roll che si mischia col garage, del R&B che incontra la musica latina in quella dimensione che era propria di certi sobborghi newyorchesi dove le contaminazioni e il melting razziale erano già diffusi negli anni sessanta. E poi le chitarre e le festose voci femminili, le percussioni portoricane e i fiati che grondano soul, gli arrangiamenti del Wall of Sound e i coretti del doo-wop. Un collage sonoro festoso e  contagioso, brillante e romantico, con una delle ballate elettriche (Summer of Sorcery) più emozionanti dell'anno, assolo di sax alla Clemons compreso.
 

 

JJ Cale     Stay Around (Because)

Assemblato postumo con materiale proveniente da diverse fonti ed età, Stay Around  suona rilassato e caldo come uno dei più riusciti album dell'Okie. Country-blues dolente e coccolante, accordi al minimo e ritmi sinuosamente ipnotici, ballate arse dal sole e sussurri notturni, c'è tutto il rinomato vangelo laid back in Stay Around  senza una nota stonata, un accenno di stanchezza ed una sensazione di vecchiume. Solo musica per sognatori schivi e pigri.  Più classico di JJ Cale non c'è nessuno, il suo tocco chitarristico è inconfondibile, la sua voce ombrosa è una carezza per l'anima, il suo blues è la dimostrazione che le cucine migliori sono quelle che vanno di sottrazione, less is better , e non di abbondanza. Uno stile, un maestro, ha vissuto con sua moglie e i suoi animali isolato e tranquillo nella sua casa ai confini del deserto senza mai mischiarsi al chiasso del circo mediatico, finanziandosi coi diritti d'autore di canzoni (Cocaine, Call Me The Breeze, After Midnight) che hanno fatto la storia del rock. Un gigante.

Jimmy "Duck" Holmes      Cypress Grove  (Easy Eye Sound)
 

Jimmy "Duck" Holmes è colui che ha trasmesso ai giorni nostri il Bentonia sound, un particolare sottogenere di Delta blues reso celebre da Skip James. Bentonia è una località sperduta in mezzo al Mississippi fatta di poche case e di un juke-joint, il Blue Front Cafè, che i fine settimana si anima di blues e di gente locale che  va a bere e ballare. Un vecchio pezzo d'America resistito al tempo e alla modernità, dove la musica è l'unico passatempo di vite spesso dimenticate. Holmes ha 72 e non ha mai smesso di suonare il suo ruvido e spartano Bentonia blues ma in Cypress Grove raggiunge vette eccelse grazie all' aiuto e all'attenta e misurata produzione di Dan Auerbach dei Black Keys, il quale si è innamorato della sua musica e del suo stile asciutto, arcaico, umano. Qualche pezzo solitario in acustico, molti elettrici con l'aiuto di basso, batteria ed una ulteriore chitarra (Auerbach), Jimmy "Duck" Holmes oltre ad avere un tocco caratteristico, possiede una bella voce in grado di dare nuova lucentezza a classici come Cypress Grove, Catfish Blues, Rock Me Baby, Little Red Rooster, Trian Train, Devil Got My Woman. Antiquariato povero ma di classe.

 

Gov't Mule     Bring On The Music (Provogue)

Di Live dei Muli ne sono usciti parecchi ma se si eccettua lo straordinario e monumentale quadruplo Live....from a little help from our friends, questo per chi scrive è il migliore. Registrato al Capitol Theatre di Port Chester, stato di New York, nel 25esimo anniversario della loro nascita, è un tour de force incredibile di quanto possano dare i Muli dal vivo in una delle venue da loro preferite. Rock, blues, soul, jazz, psichedelia, reggae, i quattro ovvero il chitarrista e cantante Warren Haynes, il batterista Matt Abts, il tastierista Danny Louis ed il bassista Jorgen Carlsson offrono il meglio di se  con una potenza ed un feeling che solo poche band possono vantare oggi dal vivo, anche nell'ambito jam in cui loro sguazzano. Meno duri e hard-rock che in altre occasioni, i Muli di Bring On The Music raggiungono livelli stellari sia nelle loro composizioni che nelle poche cover qui presenti. Sentitevi la medley Funny Little Tragedy/Message in A Bottle e ve ne renderete conto, riescono pure ad essere la miglior punk band del pianeta. Esistono due versioni di questo live, un doppio Cd con doppio Dvd e un doppio CD, peraltro molto diversi tra loro nelle scalette, io ho acquistato il formato più semplice ma basta e avanza.

The Who      Who  (Polydor)

Intendiamoci, questo non è ne un capolavoro ne un disco minimamente paragonabile ai loro classici, anche se Townshend lo considera il loro migliore dai tempi di Quadrophenia, ma è il dignitoso lavoro di una delle band di British rock più longeve esistenti, che nella routine di chi ormai ha i propri glory days persi nelle nebbie del passato sa ancora infilare alcuni grandi assist. Così Who  possiede canzoni che potete benissimo farne a meno perché tirate un po' troppo per i capelli, succede con Street Song ad esempio, ed altre invece capaci di trasmetter quel mix di solennità, potenza sonica ed epicità per cui sono diventati famosi gli Who.  All This Music Must Fade e Hero Ground Zero  evocano il passato glorioso e non sfigurano, Ball and Chain cita Guantanamo e le vergogne umane (le canzoni fanno riferimento allo stato esplosivo delle cose di oggi), in altri momenti sono i tempi medi della ballata, qualcuna come I'll Be Back pure arrangiata con l'orchestra, a completare un quadro per nulla misero e scontato. Ho preso il disco dopo aver letto recensioni sconfortanti ma dopo un paio di ascolti mi sono reso conto che la classe non è andata dispersa e c'erano ragioni per guardare con simpatia a questi due vecchietti del rock, Townshend e Daltrey (con loro ci sono il batterista Zak Starkey, il bassista Pino Palladino ed un po' di invitati) che quando ingranano la marcia giusta regalano ancora grande rock.        

 

soul bag
 

Sembra ridiventato di moda il soul tra le band di ultima o penultima generazione. Non sto parlando di nu-soul o robe del genere ma del vecchio caro soul di casa Memphis, Motown e Muscle Shoals. Diversi i dischi usciti nel segno della musica afroamericana del passato pur con le sfumature e le idee del presente, qualcuno di prossima pubblicazione come El Dorado di Marcus King che, abbandonate per un attimo le jam chitarristiche di rock-blues, si cimenta nel genere. Il più acclamato del 2019 è senza dubbio Michael Kiwanuka col suo Kiwanuka, artista che ha fatto il pienone a Milano raccogliendo ovazioni ovunque. Personalmente lo trovo piuttosto patinato per i miei gusti seppure decisamente interessante, ma è un parere assolutamente opinabile, piuttosto preferisco dischi con un tasso di rozzezza rock in più pur se collocati nelle melodie del genere soul.  Mi sono piaciuti, senza strapparmi i pochi capelli rimasti, gli australiani Teskey Brothers, un quartetto di base a Melbourne che dopo l'album d'esordio del 2017, Half  Mile Harvest, che pareva una registrazione uscita dai Muscle Shoals, hanno bissato col nuovo disco Run Home Slow ( Decca) .  Ascoltando il loro disco del 2019 si pensa subito al sound della Stax Records di Memphis, alle ugole arrochite dei soul singers (splendida la voce di Josh Teskey) degli anni sessanta, a quel connubio di suoni che attraversano il southern soul americano portandosi appresso una slide di blues, la certosina chitarra di Eddie Hinton e tanto laid back. E arrivano a lambire anche americana. Per navigare meglio nelle nuove acque si sono fatti aiutare dal produttore Paul Butler , lo stesso di Michael Kiwanuka.
 


Più sofisticati i Black Pumas  dell'omonimo primo album, un duo formato dal bianco Adrian Quesada addetto alle parti strumentali e dal cantante nero Eric Burton. Sfruttando l'aiuto di un nugolo di musicisti, si divertono a creare un soul avvolgente e ammiccante che ha radici nel passato ma è contemporaneamente moderno e possiede pure un quid commerciale che potrebbe entrare nelle stazioni radio, se non fossero cosiì tutte addomesticate. Di stanza ad Austin ma del tutto anomali come texani  ridanno fiato al soul di Donny Hathaway, di Sam Cooke e di Curtis Mayfield  con ballate che si slegano dai clichè del genere, caratterizzate da ambientazioni strumentali fantasiose. Romantici, ballerini, freschi, in Black Pumas (Ato Records) c'è una idea di musica black a 360 gradi in una girandola di brani dove si mescolano e si susseguono soul e rhythm and blues, un pizzico di folk ed un soffio di suadente psichedelia, l'aroma della musica di Amy Winehouse ed in filigrana una polverosa patina hip-hop che comunque non toglie ma valorizza ulteriormente il sapore vintage dell'operazione.  E' la dimostrazione che il campo è vario e fertile, si pensi ad esempio ai lavori  di Yola, ex homeless di Bristol e corista per Massive Attack e Chemical Brothers, "resuscitata" negli Stati Uniti grazie alla produzione di Dan Auerbach, e i francesi misconosciuti dei Malted Milk, un orchestra capace dal vivo di allestire uno spettacolo grandioso. Molto interessante, sempre parlando di soul qui con un tasso funky marcato, il loro Love, Tears & Guns (Blues Production). Mentre i GA-20 ( il nome deriva da un vecchio modello di ampli Gibosn),tre ragazzi di casa nella puritana Boston che nel disco di esordio hanno avuto invitati quali Luther Dickinson e Charlie Musselwhite, nel loro Lonely Soul (Karma Chief) mettono insieme la parte più blues dei Black Keys (ma in diverse tracce sembra di ascoltare i Fleetwood Mac del periodo inglese) con il suono sfilacciato e logoro del Sud. Andando comunque alla ricerca del suono vintage a basse frequenze, caldo e corposo, con quello stile grezzo che interseca le radici del blues con l'impudenza del rock e la carica sensuale del R&B.. Abili nel recuperare il passato dandone un'impronta personale ed uno strattone a tutto ciò che risulta stagionato, i GA-20 non sono la next big thing  ma un onesto combo che mantiene vivo il suono degli anni 50 e 60.
 

Scoppiettante, euforico, energetico (il suo show al Magnolia è stato uno dei miei concerti dell'anno) Nick Waterhouse , californiano figlio di una commessa e di vigile del fuoco, cresciuto ad Huntington Beach, chitarrista e cantante ma anche collezionista di vecchi 45 giri di R&B e alchimista di studio, ha sorpreso nuovamente con un disco che focalizza tutte le qualità e le passioni di un artigiano fai da te, contemporaneamente musicista, arrangiatore, produttore, songwriter e cantante, in grado di riversare il fascino del vintage sound degli anni cinquanta in melodie fresche e ritmi scavezzacollo atti a trasporre una musica senza tempo. Co-prodotto con Paul Butler ( sempre lo stesso di Kiwanuka e Black Pumas oltre che Devendra Benheart) e suonato con un po'di musicisti-amici Nick Waterhouse  (Innovative Leisure Record) elenca undici composizioni che abbracciano senza soluzione di continuità il soul, il rock n' roll della Bay Area, il rockabilly, swing e twangin'anni '50, il R&B, la surf music con una omogeneità stilistica che l'autore tiene insieme grazie ad un modo di suonare e cantare brioso, divertente, leggero, ricco di trovate e dettagli dove c'è spazio per sassofoni e cori femminili. Un disco dal fascino antico ma allegramente moderno. Piacerà a chi una volta apprezzava il gesto di Ben Vaughn, Rainer Das Combo, Violent Femmes ma non disdegna neppure Nathaniel Rateliff,  Allah-Las, Lee Fields e Ty Segal.

archives

Ho selezionato volutamente alcune ristampe a prezzo contenuto perché, salvo eccezioni, trovo indecoroso il costo di edizioni deluxe (la cui musica è già stata pagata a suo tempo) il cui prezzo esorbitante è (in)giustificato solo dalla presenza di out-takes, spesso insignificanti, dalla confezione  e dal booklet interno. Naturalmente ognuno può spendere i propri soldi come vuole, ci mancherebbe, ma edizioni che costano 100 e passa euro fanno solo la gioia del collezionista più incallito. Non nascondo che in passato per acquistare un box contenente tutti i vinili Decca rimasterizzati degli Stones abbia pagato più di 200 euro ma non so se oggi lo rifarei.
Rory Gallagher    Blues (Chess)

Tutto il blues dell'irlandese: acustico, elettrico e dal vivo. Sangue, sudore, polvere da sparo. Diverso materiale già edito, altro no, un triplo CD che è una chicca ed una goduria per cuore ed orecchie, per di più ad un prezzo stracciatissimo.
 
The Rolling Stones  Bridges To Buenos Aires (Eagle)

La fede musicale come quella calcistica non si tradisce ma se Bridges To Bremen  era la testimonianza di un concerto abbastanza di routine, questo show tratto dallo stesso  Bridges To Babylon Tour del 1997/98 è una bomba da qualsiasi parte lo si osservi, per la performance, per il pubblico, per la scaletta, per lo spettacolo. Buenos Aires è sempre stata una piazza calda per gli Stones, qui la temperatura è bollente. Doppio CD con DVD, 140 minuti di esilarante, animalesco,puro rock n'roll.
Gregg Allman   Laid Back (Mercury)

Subito dopo la scomparsa di Duane, gli Allman si misero al lavoro per riprendersi dallo shock incidendo l'album della svolta, Brothers and Sisters, ma negli stessi giorni il fratello Gregg decise di tentare la via solista con alcuni musicisti ed amici del giro di Macon. Laid Back è un disco molto diverso dal Gregg della band, e per molti versi assomiglia al suo canto del cigno Southern Blood. Malinconico, crepuscolare, ricco di ballate e di soul tra cui l'immortale Midnight Rider, a tratti commovente, con alcune cover compreso l'immancabile Jackson Browne. La riedizione vede l'originale del 1973  affiancato da un secondo CD pieno di inediti ed out-takes, questa volta significative. Prezzo abbordabilissmo.

 

quella sporca mezza dozzina

Tedeschi-Trucks Band       Milano 17/04/19

Little Steven & The Disciples of Soul   Parigi 23/06/19

The Dream Syndicate        Milano 19/06/19

Nick Waterhouse     Milano  5/11/19

Larkin Poe                 Milano  29/03/19

Ronnie Wood       Birmingham  25/11/19



MAURO ZAMBELLINI 30 dicembre 2019

 

 































8 commenti:

Armando Chiechi ha detto...

Sempre preziose le tue recensioni e consigli per chi vuole magari recuperare, qualcosa che non si e' ancora preso o andato perso per diverse ragioni. Personalmente i miei acquisti quest'anno si sono ridotti a ben poco e il lato archives ha avuto la meglio sulle vere e proprie novita'. A questi ultimi ci aggiungerei Talk is Cheap di Keith Richards, Tuscaloosa di Neil Young ( complementare a Time Fades Away) e una piccola chicca come la soundtrack di Once Upon a Time in Hollywood, stupenda colonna sonora rock che se nulla aggiunge di nuovo ma contiene al suo interno piccole gemme e se ascoltata in auto ti da'la sensazione di attraversare L.A. e dintorni nell'estate del '69. Per il resto grazie e Buin Anno Zambo....
Armando Chiechi

Armando Chiechi ha detto...

Pardon...
Buon Anno Zambo

Zambo ha detto...

Buon Anno anche a te Armando. Grazie del consiglio per Once Upon a Time in Hollywood, provvederò a recuperarlo. Keith Richards l'ho proprio dimenticato e se ho fatto una cosa del genere vuol dire che sto proprio invecchiando. Oggi lo aggiungo. Grazie ancora

Unknown ha detto...

Unknown2. Ottimi spunti da approfondire. Totale condivisione x Muli, Stones e Rory. Ci metterei l'ennesimo best di Tom Petty, come omaggio a un grande vero, anche se di lui abbiamo tutto(boot compresi). Van Morrison, sia x gli archivi che x le novità. Traffic, studio albums, e un live(Canteen) che nn smetto di ascoltare. Dickey Betts & G.S. live rockpalast, southern rock immancabile. Il live dei Doobie Bros al beacon th.: nn esattamente il mio genere, ma suonano da dio. L'ennesimo Woodstock, bentornati Santana, TYA, Cocker, Who, Hendrix.... Fogerty a red rocks, che nostalgia.
Esempio da seguire: gli Stones x come stanno valorizzando gli archivi. Totally Stripped è il capolavoro insuperato, ma qualsiasi uscita della serie from the vaults et alia è meravigliosa x suono, video e cura dei dettagli. Jon Landau, se ci sei batti un colpo: a quando qualche concerto del Darkness tour remix and remastered and video restored???

Unknown ha detto...

Unknown2. E un po' di buone letture: tutti i libri di Alessandro Robecchi; uno meglio dell'altro. Naturalmente è consigliabile consumarli in ordine di pubblicazione.
E "Corruzione" di Don Winslow. Non nuovissimo, ma dirompente

bobrock ha detto...
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bobrock ha detto...
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bobrock ha detto...
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