lunedì 3 dicembre 2018

ROLLING STONES VOODOO LOUNGE UNCUT


I Rolling Stones hanno deciso di raccontare la loro storia con la pubblicazione di DVD con annessi CD estratti dagli archivi. La serie From The Vault (per cui è appena uscito No Security. San Josè '99) è il modo migliore per ricapitolare la loro avventura live, ed anche se Voodoo Lounge Uncut non  appartiene a quella "linea" è altrettanto eccellente sia per grafica, packaging, audio e naturalmente performance. Il tour è quello di Voodoo Lounge appendice americana, il concerto quello del 25 novembre 1994. giorno di thanksgiving, presso il Robbie Stadium di Miami, show già documentato da un DVD degli anni novanta scomparso presto dalla circolazione ed oggi riproposto in maniera completa con l'aggiunta di dieci tracce mancanti allora, più cinque bonus tracks provenienti dal concerto al Giants Stadium di New York dello stesso tour. DVD e due CD (le bonus tracks sono solo sul DVD) per un concerto visto  da 56 mila persone rapite dalla performance sontuosa di Jagger e soci che con l'arrivo del bassista Darryl Jones ridefiniscono la loro leadership nel campo dei concerti live. Se lo Steel Wheels/ Urban Jungle Tour di quattro anni prima era stato un trionfo, il Voodoo Lounge Tour è un vero record di incassi e di mezzi: il palco del costo di 3 milioni di dollari, progettato da Mark Fisher, è caratterizzato da una imponente struttura costituita da un gigantesco semiarco dalla cui testa a forma di cobra scaturiscono fiamme mentre centinaia di luci illuminano il tutto. Sono milleduecento le luci, un gigantesco schermo chiamato Jumbotron proietta immagini ingrandite della band, ed un impianto di amplificazione di novanta tonnellata diffonde il potente sound degli Stones. Il tutto viene spostato con non meno di cinquanta semiarticolati mentre il gruppo si muove su un Boeing 727 preso a noleggio. Ma è la performance a fare la differenza, ulteriore testimonianza di un biennio, il 1994/1995, fertile e brillante per la band sotto ogni punto di vista, non solo commerciale. Due ottimi album come Voodoo Lounge e Stripped, un tour mondiale esplosivo comprendente Nord e Sud America, Giappone, Australia e Nuova Zelanda, Europa, più la sortita al Paradiso di Amsterdam, all'Olympia di Parigi e alla Brixton Academy di Londra con set meravigliosi, in parte acustici. Li vidi il 30 luglio del 1995 a Basilea e posso confermare che quel tour rimarrà nella memoria per sempre, forse il migliore concerto degli Stones visto dal sottoscritto, impreziosito per di più dall'apertura dei Black Crowes.

Il 25 novembre a Miami è un altro appuntamento discografico da non perdere se si vuole ricapitolare con metodo la loro storia, ed è uno show avente delle caratteristiche ben diverse da quelli che arriveranno nel nuovo millennio. Innanzitutto il nuovo album è di fatto presente nella scaletta, come se il tour fosse di supporto al disco, cosa solo in parte vera perché già allora i diritti d'autore coprivano a malapena le spese  ed il tour era il solo modo di sopravvivere e andare avanti. Gli Stones costituivano peraltro una rarità perché lo spettacolo con cui si riempiva lo stadio era ancora basato sulla musica, non si vedevano balletti, playback e giochi d'artificio. "Un locale  perfetto per il rock n'roll dovrebbe essere un garage molto ampio fatto di mattoni, con un bar in fondo" ha affermato Keith Richards, il problema è trasformare uno stadio in un locale simile, buona fortuna al fonico. A Miami l'audio è eccellente e Voodoo Lounge  concede titoli come You Got Me Rocking, Sparks Will Fly, I Go Wild, The Worst cantato da Richards, magari non memorabili ma coerenti con l' aspetto fortemente rocknrollistico e poco plateale dello show. Show che si apre, dopo la presentazione di Whoopi Goldberg, con una tambureggiante versione di Not Fade Away, prossima ad entrare nella scaletta di Stripped, e poi si rivolge al passato pescando la solita Tumbling Dice, una rara Rocks Off,  una tirata Satisfaction messa lì quasi all'inizio, Doo Doo Doo Doo (Heartbreaker) ed una Live With Me che vede Jagger dividersi i compiti con una Sheryl Crow piuttosto in difficoltà nel tenere alta la tonalità. Non è l'unica invitata, meglio di lei fa un composto Robert Cray in Stop Breaking Down ed il pimpante Bo Diddley in Who Do You Love? dove Wood e Richards sembrano divertirsi da morire. L'idea della piattaforma che dal palco si allunga in mezzo al pubblico nasce in questo tour, gli Stones virano acustici e offrono polverose e sentite versioni di Dead Flowers e Sweet Virginia mentre Angie in realtà appare piuttosto moscia. Jagger non è squillante come in altre occasioni ma sembra perfino più spontaneo e "umano", d'altra parte è ancora uno di quei tour in cui fa circa 10 miglia a sera sul palco. Anche un brano non trascendentale come I Go Wild serve al loro arrembaggio rock, con tutti e quattro piazzati in linea, compreso Darryl Jones e Jagger con la chitarra, le Pietre sembrano una guitar army. Lisa Fisher è la sensualissima corista che non si risparmia in mise e mosse, sculetta in una potente Miss You, grande versione, si rivela una perfetta Honky Tonk Woman nell'omonimo brano, si agita in Before They Make You Run cantata da Richards, flirta con Jagger, si scatena con l'ugola in Monkey Man e riempie con le sue danze e la sua presenza la sinistra del palco assieme a Bernard Fowler mentre Chuck Leavell cuce con le tastiere da sarto d'altri tempi e Bobby Keys comanda la sezione fiati come fosse una band texana di rhythm and blues.

C'è qualche momento in cui cala la tensione, It's All Over Now non è propriamente memorabile ma Richards è in forma e Sympathy For The Devil la torbida pulsazione erotico-voodoo che immette nel finale, una sequenza dei classici degli Stones con infilato dentro l'intensa Monkey Man nella quale ancora Jagger e la Fisher fanno il loro spettacolino a luci rosse. Chiudono Brown Sugar e Jumpin' Jack Flash e Miami è in orbita, ancora una volta i Rolling Stones mandano a casa tutti eccitati, contenti e allegri. E' solo rock n'roll ma avercene.

Tra le cinque bonus tracks segnalo bella versione soul di I Can't Get Next You di Al Green portata al successo dai Temptations e la Happy di Keith Richards.

MAURO  ZAMBELLINI      NOVEMBRE 2018

1 commento:

bobrock ha detto...
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